martedì 15 aprile 2008

I cattolici e le elezioni del 13-14 aprile



di Massimo Introvigne


Le elezioni politiche del 13-14 aprile 2008 hanno determinato un’autentica rivoluzione nel panorama parlamentare italiano. Sono scomparse sigle storiche come i socialisti, i comunisti e i verdi. I gruppi parlamentari si sono ridotti da una ventina a tre al Senato (se PD e IDV faranno gruppo insieme) e quattro alla Camera (altri partiti, pure rappresentati, non potranno costituire un gruppo perché non raggiungono il numero minimo di deputati, venti, o senatori, dieci, necessari per tale costituzione, salvo deroghe degli Uffici di Presidenza che tuttavia al Senato possono essere concesse solo a gruppi di almeno cinque senatori eletti in almeno tre regioni diverse: quindi, per esempio, non all’UDC che di senatori ne ha tre tutti eletti in Sicilia).
Molto di più di quanto non fosse avvenuto nel 2006, la maggioranza degli elettori ha compreso i meccanismi della legge elettorale, e ha evitato il voto inutile. Molti italiani si sono resi conto che al Senato la montagna dell’otto per cento era difficilissima da scalare per i piccoli partiti e si sono comportati di conseguenza. Se il mio “vademecum” sulla legge elettorale – che moltissimi mi hanno chiesto di riprodurre e una diocesi della Calabria ha stampato come opuscolo a cura della Consulta diocesana per l’apostolato dei laici e diffuso ampiamente – ha avuto un ruolo in questo processo, non posso che esserne soddisfatto.
L’astensionismo, contrariamente a un vecchio luogo comune, ha danneggiato soprattutto l’estrema sinistra, ed è del resto in quell’area che militano i più convinti teorici dell’astensione.
Le prime rilevazioni – che confermano quelle dei sondaggi, e che dovranno essere peraltro verificate tramite analisi più sistematiche – ci dicono che i cattolici praticanti non si sono distribuiti uniformemente tra tutti i partiti, come prevedeva qualche sociologo. Hanno privilegiato il Popolo della Libertà e la Lega, e in misura assai minore l’UDC. Il popolo che va a Messa non ha dunque seguito quella stampa cattolica che faceva il tifo, spesso neppure troppo velatamente, per il PD e l’UDC. Significativo il commento di Rosy Bindi: “Una parte del voto cattolico è finito alla Lega e non si capisce perché” (cfr. Fabio Martini, “Walter, la grande delusione”, La Stampa, 15-4-2008).
Contrariamente a quanto pensa Rosy Bindi, si capisce benissimo. A parte una minoranza sempre più ridotta – ancorché ben rappresentata nei centri di potere della cultura e dell’economia – di “cattolici adulti”, il mondo cattolico italiano è stato sistematicamente educato da Giovanni Paolo II, da Benedetto XVI e dai cardinali Ruini e Bagnasco a privilegiare i “valori non negoziabili” – vita, famiglia e libertà di educazione – e a mettere le altre questioni, pure importanti, in secondo piano rispetto a questi tre valori fondamentali. Nelle parrocchie, nei movimenti e su Internet per la prima volta circolavano ampiamente studi – simili a quelli che i cattolici e i protestanti evangelical diffondono negli Stati Uniti a ogni elezione – dove, con dovizia di dettagli e con analisi che si spingevano fino al singolo parlamentare, si mostrava come su applicazione della legge sull’aborto, eutanasia, riconoscimento delle unioni omosessuali, tentativi di modificare la legge sulla fecondazione assistita, scuole non statali l’unico modo di bloccare proposte di legge incompatibili con i valori non negoziabili fosse un saldo successo della coalizione Berlusconi (all’interno della quale i parlamentari della Lega avevano votato e promettevano di votare “bene”, su questi problemi, in modo talora ancor più omogeneo di quelli del PDL). Vi è stata, sul punto, un’illusione ottica. La scelta (che si può certo discutere) dell’onorevole Silvio Berlusconi di non mettere all’ordine del giorno nella campagna elettorale i temi relativi ai valori non negoziabili è stata scambiata da alcuni per una “equivalenza” delle coalizioni Berlusconi e Veltroni su questi temi. Mentre la coalizione Veltroni aveva nelle sue liste candidati simbolo dell’opposizione ai valori non negoziabili come il professor Umberto Veronesi e l’onorevole Emma Bonino e dichiarava programmaticamente di volere fare approvare il testamento biologico e le leggi sulle unioni di fatto, gli studi su come avevano votato i parlamentari confluiti nel PDL e quelli della Lega nella precedente legislatura mostravano che, con eccezioni individuali, questo blocco – ove avesse chiaramente prevalso – sarebbe stato in grado di respingere le proposte di legge inaccettabili per i cattolici. Rosy Bindi se ne faccia una ragione: i cattolici italiani hanno ormai interiorizzato il tema dei “valori non negoziabili” e non considerano sullo stesso piano le questioni sindacali o socio-economiche (su cui peraltro la presunta maggiore vicinanza alla dottrina della Chiesa del PD rimane tutta da dimostrare) rispetto alla vita, alla famiglia e alla libertà di educazione.
Il voto alla Lega non è soltanto né principalmente un voto di protesta contro gli sprechi dello statalismo e del centralismo, né un voto per le infrastrutture al Nord, per quanto questi temi entrino nel successo del partito di Umberto Bossi. Chi ha seguito la campagna della Lega – l’unica tra quelle dei partiti approdati in Parlamento affidata più agli strumenti tradizionali del contatto personale, delle riunioni e dei comizi che a Internet o alla televisione – si è reso conto del costante appello a valori che si possono riassumere – correndo il centenario della nascita del pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), che peraltro non presumo sia specificamente noto al leghista medio – nel suo motto “tradizione, famiglia, proprietà”, con una speciale attenzione all’identità, alle radici e alla consapevolezza del pericolo rappresentato dall’islam. I cattolici possono soltanto augurarsi che nella Lega si affermi una classe dirigente capace di difendere questi valori in modo non solo istintivo ma consapevole e meditato. Ma questo non avverrà senza un dialogo più serrato e continuo fra chi, quanto a consapevolezza e meditazione di questi valori, nel mondo cattolico ha qualche cosa da offrire e il popolo della Lega.
L’UDC è sparita dal Senato. L’eccezione siciliana conferma la regola, ed è un voto più all’onorevole Salvatore Cuffaro (che molti siciliani considerano, a torto o a ragione, sia vittima di accuse ingiuste sia protagonista di una stagione di governo regionale non priva di aspetti positivi) che all’onorevole Pier Ferdinando Casini. Se in Sicilia si fosse presentata una “Lista Cuffaro” nulla sarebbe cambiato se non, forse, in meglio per l’esito della medesima. La scommessa politica dell’UDC, fondata sulla sua possibilità di condizionare la formazione di qualunque futuro governo con una significativa presenza al Senato, è dunque fallita. All’UDC restano due milioni di elettori, che certamente non coincidono con i cattolici praticanti italiani (che, per quanto le statistiche sul punto siano oggetto di controversie senza fine, considerando chi va a Messa almeno una volta al mese sono un terzo degli italiani, sei volte di più del 5,5% raccolto dall’onorevole Casini) ma non sono irrilevanti. Un certo numero di questi voti proviene da sinistra, cioè da quei cattolici che non apprezzano l’onorevole Berlusconi ma che non se la sono sentita di votare un PD che presentava l’onorevole Bonino e il professor Veronesi. Altri hanno dato credito a una campagna elettorale molto centrata sull’identità cristiana e sulla difesa della famiglia, che alcuni parlamentari uscenti dell’UDC (come l’onorevole Luca Volontè o il senatore Luca Marconi) avevano rappresentato nella precedente legislatura in modo coerente e continuo. Dopo il sostanziale insuccesso del suo progetto politico, il futuro dell’UDC è molto incerto. I suoi due milioni di elettori rappresentano però, insieme al successo della Lega, un monito al partito di maggioranza relativa quanto all’esistenza non di poche migliaia ma di milioni di italiani sensibili al tema dell’identità cristiana, a prescindere dalla stessa credibilità e coerenza del personale politico che lo agita. Mutatis mutandis, vanno a comporre questo promemoria per il PDL vittorioso anche gli oltre ottocentomila elettori de La Destra, un partito che aveva peraltro coltivato illusioni quanto all’effettiva possibilità di approdare in Parlamento con il sistema delineato dalla legge elettorale vigente.
Un cenno merita infine la “catastrofe”, come l’ha definita il suo promotore Giuliano Ferrara, della lista “Aborto? No grazie” che puntava al quattro per cento e che si è fermata esattamente allo 0,4. Purtroppo la catastrofe, figlia – come altri insuccessi – di un’incomprensione del sistema elettorale vigente e del fatto che l’Italia non ha una tradizione di “liste di scopo”, era facilmente prevedibile ed era stata da molti (compreso chi scrive) prevista. Era anche prevedibile che all’indomani delle elezioni si sarebbe diffuso nei media, come sta puntualmente avvenendo, il giudizio secondo cui la problematica dell’aborto interessa solo allo 0,4% degli italiani: giudizio falso, ma che l’errore di presentare la lista Ferrara alle elezioni riveste di una certa ingannevole parvenza di credibilità. Come si temeva, la lista ha compromesso la sacrosanta e meritevole battaglia di Giuliano Ferrara per la moratoria. Con grande difficoltà, si tratta ora di ripartire da prima della campagna elettorale e riprendere la parola d’ordine della moratoria. Se i 135.000 italiani che hanno votato per una causa politicamente persa in partenza, superata la delusione, si trasformeranno in militanti per i valori non negoziabili forse non tutto sarà perduto.
Tra i problemi che dovrà affrontare il nuovo governo ci sarà quello del passaggio alla dimensione extraparlamentare di una sinistra radicale che, fuori dei Parlamenti, è spesso stata brodo di cultura della violenza di piazza e del terrorismo. Naturalmente l’eredità comunista non è scomparsa dal Parlamento italiano: l’onorevole Massimo D’Alema, tanto per fare un nome non casuale, può vantare una militanza nel vecchio Partito Comunista Italiano – del cui Comitato centrale ha fatto parte a suo tempo anche lo stesso onorevole Walter Veltroni – non meno distinta e convinta di quella dell’onorevole Fausto Bertinotti. Ma queste metamorfosi del comunismo non sono sempre facilmente comprensibili per il militante di base, che rischia dunque seriamente di farsi attrarre dalle sirene della violenza extraparlamentare. Alla soddisfazione per non vedere più in Parlamento gli onorevoli Alfonso Pecorario Scanio o Wladimiro Guadagno detto Vladimir Luxuria non può non accompagnarsi la consapevolezza dei rischi per l’ordine pubblico, soprattutto in caso di saldatura di progetti eversivi comunisti con altri di matrice ultra-fondamentalista islamica secondo la “dottrina Carlos”, incessantemente elaborata dal suo carcere francese dal terrorista marxista venezuelano convertito all’islam Ilich Ramírez Sánchez, “Carlos”, con l’appoggio esplicito del presidente della Repubblica del Venezuela Hugo Chávez. Una corretta valutazione di questo rischio implica una vigilanza – in base a criteri di prudenza, e senza criminalizzare preventivamente nessuno – non solo sugli ambienti dell’ultra-sinistra più tentati dall’eversione ma anche su chi ha contatti politici ambigui e inquietanti con i governi di Paesi come Cuba, la Corea del Nord e lo stesso Venezuela (o ancora con movimenti che hanno insieme una dimensione politica e una terroristica, come gli Hezbollah o Hamas), sulle “moschee inquiete” e su tutto il mondo dell’immigrazione clandestina. Un compito cui il prossimo Ministro dell’Interno farà bene a dedicarsi seriamente.

venerdì 4 aprile 2008

La nascita del tipo umano sessantottino


di Giovanni Cantoni



Il 1968, di cui nel 2008 cade il quarantesimo anniversario, costituisce una delle più recenti cesure nella storia del mondo occidentale e cristiano.
Si tratta di una cesura degna di attenzione non solo perché recente, ma perché di particolare incidenza e rilievo; soprattutto, non solo ormai quarantennale, quindi da coniugare al passato, ma tragicamente ancora in corso, quindi da trattare al presente e al futuro. Del resto e perciò il 1968 è data ormai correntemente utilizzata per indicare in modo emblematico una fase della storia nella quale siamo empre più immersi: il «Sessantotto», e il tipo umano a tale fase corrispondente: il «sessantottino».
In proposito Papa Benedetto XVI afferma che «la cesura del '68» costituisce «l'inizio o l'esplosione della grande crisi culturale dell'Occidente. Era finita la generazione del dopoguerra, una generazione che vedendo tutte le distruzioni e l'orrore della guerra, del combattersi, e constatando il dramma delle grandi ideologie che avevano condotto le persone verso il baratro del conflitto mondiale, aveva riscoperto le radici cristiane dell'Europa, e aveva cominciato a ricostruire l'Europa con questa grande ispirazione.
Ma, finita questa generazione, si videro anche alcune lacune di questa ricostruzione, la grande miseria nel mondo, e così cominciò, esplose la crisi della cultura occidentale, direi una rivoluzione culturale che voleva cambiare tutto radicalmente. Si diceva: non abbiamo creato, in duemila anni di cristianesimo, un mondo nuovo. Dobbiamo ricominciare da zero in modo assolutamente nuovo; il marxismo sembra la ricetta scientifica per creare finalmente il nuovo mondo» (Auronzo di Cadore [Belluno], 24-7-2007). A partire dal 1968, fenomeni negativi principalmente legati alla singola persona - quali, per esempio, divorzio, aborto, droga, eutanasia, accompagnati dall'attacco all'identità sessuale e dagli «effetti speciali» prodotti dalle biotecnologie - cominciano a trasformarsi in fenomeni sociali riguardo ai quali, non soltanto si rifiuta la sanzione in quanto sociali, ma si pretende il riconoscimento come «nuovi diritti». Infatti, presentati come problemi sociali, cioè come problemi ampiamente condivisi, quindi sociologicamente consistenti, attraverso la propaganda dei cosiddetti «casi pietosi» se ne chiede, talora se ne esige il riconoscimento giuridico, attraverso la confusione fra legge positiva e legge morale, cioè comportamentale, e grazie all'attivazione del volano costituito dalla tesi secondo cui quanto non è sanzionato penalmente finisce per apparire come buono moralmente, quanto è legale come lecito.
Nel linguaggio della morale cattolica si potrebbe dire: quanto esordisce come una caduta, un caso potenzialmente isolato, magari frutto di debolezza occasionale o di particolari congiunture, attraverso il processo descritto, costituito dal passaggio dalla illegalità alla liceità, non solo non è più sanzionato, ma indotto - o almeno favorito - a «uscire dall'isolamento», quindi a trasformarsi in vizio pubblico e lecito, cioè in abitudine a cadere. Ma non è tutto: infatti, non solamente si chiede indulgenza per la caduta, la sua «depenalizzazione», ma si pretende il riconoscimento pubblico del vizio stesso, la sua «intronizzazione». È di san Paolo, nella Lettera ai Filippesi, l'affermazione: «[...] si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi» (3, 19).

martedì 25 marzo 2008

Conversione

Riporto la lettera completa indirizzata da Magdi Cristiano Allam al direttore del "Corriere della Sera":


Caro Direttore,
ciò che ti sto per riferire concerne una mia scelta di fede religiosa e di vita personale che non vuole in alcun modo coinvolgere il Corriere della Sera di cui mi onoro di far parte dal 2003 con la qualifica di vice-direttore ad personam. Ti scrivo pertanto da protagonista della vicenda come privato cittadino.
Ieri sera mi sono convertito alla religione cristiana cattolica, rinunciando alla mia precedente fede islamica. Ha così finalmente visto la luce, per grazia divina, il frutto sano e maturo di una lunga gestazione vissuta nella sofferenza e nella gioia, tra la profonda e intima riflessione e la consapevole e manifesta esternazione. Sono particolarmente grato a Sua Santità il Papa Benedetto XVI che mi ha impartito i sacramenti dell’iniziazione cristiana, Battesimo, Cresima e Eucarestia, nella Basilica di San Pietro nel corso della solenne celebrazione della Veglia Pasquale. E ho assunto il nome cristiano più semplice ed esplicito: “Cristiano”. Da ieri sera dunque mi chiamo Magdi Cristiano Allam.
Per me è il giorno più bello della vita. Acquisire il dono della fede cristiana nella ricorrenza della Risurrezione di Cristo per mano del Santo Padre è, per un credente, un privilegio ineguagliabile e un bene inestimabile. A quasi 56 anni, nel mio piccolo, è un fatto storico, eccezionale e indimenticabile, che segna una svolta radicale e definitiva rispetto al passato. Il miracolo della Risurrezione di Cristo si è riverberato sulla mia anima liberandola dalle tenebre di una predicazione dove l’odio e l’intolleranza nei confronti del “diverso”, condannato acriticamente quale “nemico”, primeggiano sull’amore e il rispetto del “prossimo” che è sempre e comunque “persona”; così come la mia mente si è affrancata dall’oscurantismo di un’ideologia che legittima la menzogna e la dissimulazione, la morte violenta che induce all’omicidio e al suicidio, la cieca sottomissione e la tirannia, permettendomi di aderire all’autentica religione della Verità, della Vita e della Libertà.
Nella mia prima Pasqua da cristiano io non ho scoperto solo Gesù, ho scoperto per la prima volta il vero e unico Dio, che è il Dio della Fede e Ragione. La mia conversione al cattolicesimo è il punto d’approdo di una graduale e profonda meditazione interiore a cui non avrei potuto sottrarmi, visto che da cinque anni sono costretto a una vita blindata, con la vigilanza fissa a casa e la scorta dei carabinieri a ogni mio spostamento, a causa delle minacce e delle condanne a morte inflittemi dagli estremisti e dai terroristi islamici, sia quelli residenti in Italia sia quelli attivi all’estero.
Ho dovuto interrogarmi sull’atteggiamento di coloro che hanno pubblicamente emesso delle fatwe, dei responsi giuridici islamici, denunciandomi, io che ero musulmano, come “nemico dell’islam”, “ipocrita perché è un cristiano copto che finge di essere musulmano per danneggiare all’islam”, “bugiardo e diffamatore dell’islam”, legittimando in tal modo la mia condanna a morte. Mi sono chiesto come fosse possibile che chi, come me, si è battuto convintamente e strenuamente per un “islam moderato”, assumendosi la responsabilità di esporsi in prima persona nella denuncia dell’estremismo e del terrorismo islamico, sia finito poi per essere condannato a morte nel nome dell’islam e sulla base di una legittimazione coranica. Ho così dovuto prendere atto che, al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del male è insita in un islam che è fisiologicamente violento e storicamente conflittuale.
Parallelamente la Provvidenza mi ha fatto incontrare delle persone cattoliche praticanti di buona volontà che, in virtù della loro testimonianza e della loro amicizia, sono diventate man mano un punto di riferimento sul piano della certezza della verità e della solidità dei valori. A cominciare da tanti amici di Comunione e Liberazione con in testa don Juliàn Carròn; a religiosi semplici quali don Gabriele Mangiarotti, suor Maria Gloria Riva, don Carlo Maurizi e padre Yohannis Lahzi Gaid; alla riscoperta dei salesiani grazie a don Angelo Tengattini e don Maurizio Verlezza culminata in una rinnovata amicizia con il Rettore maggiore Don Pascual Chavez Villanueva; fino all’abbraccio di alti prelati di grande umanità quali il cardinale Tarcisio Bertone, monsignor Luigi Negri, Giancarlo Vecerrica, Gino Romanazzi e, soprattutto, monsignor Rino Fisichella che mi ha personalmente seguito nel percorso spirituale di accettazione della fede cristiana. Ma indubbiamente l’incontro più straordinario e significativo nella decisione di convertirmi è stato quello con il Papa Benedetto XVI, che ho ammirato e difeso da musulmano per la sua maestria nel porre il legame indissolubile tra fede e ragione come fondamento dell’autentica religione e della civiltà umana, e a cui aderisco pienamente da cristiano per ispirarmi di nuova luce nel compimento della missione che Dio mi ha riservato.
Il mio è un percorso che inizia da quando all’età di quattro anni, mia madre Safeya – musulmana credente e praticante – per il primo della serie di “casi” che si riveleranno essere tutt’altro che fortuiti bensì parte integrante di un destino divino a cui tutti noi siamo assegnati –mi affidò alle cure amorevoli di suor Lavinia dell’Ordine dei Comboniani, convinta della bontà dell’educazione che mi avrebbero impartito delle religiose italiane e cattoliche trapiantate al Cairo, la mia città natale, per testimoniare la loro fede cristiana tramite un’opera volta a realizzare il bene comune. Ho così iniziato un’esperienza di vita in collegio, proseguita dai salesiani dell’Istituto Don Bosco alle medie e al liceo, che mi ha complessivamente trasmesso non solo la scienza del sapere ma soprattutto la coscienza dei valori.
E’ grazie ai religiosi cattolici che io ho acquisito una concezione profondamente e essenzialmente etica della vita, dove la persona creata a immagine e somiglianza di Dio è chiamata a svolgere una missione che s’inserisce nel quadro di un disegno universale ed eterno volto alla risurrezione interiore dei singoli su questa terra e dell’insieme dell’umanità nel Giorno del Giudizio, che si fonda nella fede in Dio e nel primato dei valori, che si basa sul senso della responsabilità individuale e sul senso del dovere nei confronti della collettività. E’ in virtù dell’educazione cristiana e della condivisione dell’esperienza della vita con dei religiosi cattolici che io ho sempre coltivato una profonda fede nella dimensione trascendentale, così come ho sempre ricercato la certezza della verità nei valori assoluti e universali.
Ho avuto una stagione in cui la presenza amorevole e lo zelo religioso di mia madre mi hanno avvicinato all’islam, che ho periodicamente praticato sul piano cultuale e a cui ho creduto sul piano spirituale secondo un’interpretazione che all’epoca, erano gli anni Sessanta, corrispondeva sommariamente a una fede rispettosa della persona e tollerante nei confronti del prossimo, in un contesto – quello del regime nasseriano – dove prevaleva il principio laico della separazione della sfera religiosa da quella secolare.
Del tutto laico era mio padre Mahmoud al pari di una maggioranza di egiziani che avevano l’Occidente come modello sul piano della libertà individuale, del costume sociale e delle mode culturali ed artistiche, anche se purtroppo il totalitarismo politico di Nasser e l’ideologia bellicosa del panarabismo che mirò all’eliminazione fisica di Israele portarono alla catastrofe l’Egitto e spianarono la strada alla riesumazione del panislamismo, all’ascesa al potere degli estremisti islamici e all’esplosione del terrorismo islamico globalizzato.
I lunghi anni in collegio mi hanno anche consentito di conoscere bene e da vicino la realtà del cattolicesimo e delle donne e degli uomini che hanno dedicato la loro vita per servire Dio in seno alla Chiesa. Già da allora leggevo la Bibbia e i Vangeli ed ero particolarmente affascinato dalla figura umana e divina di Gesù. Ho avuto modo di assistere alla santa messa ed è anche capitato che, una sola volta, mi avvicinai all’altare e ricevetti la comunione. Fu un gesto che evidentemente segnalava la mia attrazione per il cristianesimo e la mia voglia di sentirmi parte della comunità religiosa cattolica.
Successivamente, al mio arrivo in Italia all’inizio degli anni Settanta tra i fumi delle rivolte studentesche e le difficoltà all’integrazione, ho vissuto la stagione dell’ateismo sventolato come fede, che tuttavia si fondava anch’esso sul primato dei valori assoluti e universali. Non sono mai stato indifferente alla presenza di Dio anche se solo ora sento che il Dio dell’Amore, della Fede e della Ragione si concilia pienamente con il patrimonio di valori che si radicano in me.
Caro Direttore, mi hai chiesto se io non tema per la mia vita, nella consapevolezza che la conversione al cristianesimo mi procurerà certamente un’ennesima, e ben più grave, condanna a morte per apostasia. Hai perfettamente ragione. So a cosa vado incontro ma affronterò la mia sorte a testa alta, con la schiena dritta e con la solidità interiore di chi ha la certezza della propria fede. E lo sarò ancor di più dopo il gesto storico e coraggioso del Papa che, sin dal primo istante in cui è venuto a conoscenza del mio desiderio, ha subito accettato di impartirmi di persona i sacramenti d’iniziazione al cristianesimo. Sua Santità ha lanciato un messaggio esplicito e rivoluzionario a una Chiesa che finora è stata fin troppo prudente nella conversione dei musulmani, astenendosi dal fare proselitismo nei paesi a maggioranza islamica e tacendo sulla realtà dei convertiti nei paesi cristiani. Per paura. La paura di non poter tutelare i convertiti di fronte alla loro condanna a morte per apostasia e la paura delle rappresaglie nei confronti dei cristiani residenti nei paesi islamici. Ebbene oggi Benedetto XVI, con la sua testimonianza, ci dice che bisogna vincere la paura e non avere alcun timore nell’affermare la verità di Gesù anche con i musulmani.
Dal canto mio dico che è ora di porre fine all’arbitrio e alla violenza dei musulmani che non rispettano la libertà di scelta religiosa. In Italia ci sono migliaia di convertiti all’islam che vivono serenamente la loro nuova fede. Ma ci sono anche migliaia di musulmani convertiti al cristianesimo che sono costretti a celare la loro nuova fede per paura di essere assassinati dagli estremisti islamici che si annidano tra noi. Per uno di quei “casi” che evocano la mano discreta del Signore, il mio primo articolo scritto sul Corriere il 3 settembre 2003 si intitolava “Le nuove catacombe degli islamici convertiti”. Era un’inchiesta su alcuni neo-cristiani in Italia che denunciano la loro profonda solitudine spirituale ed umana, di fronte alla latitanza delle istituzioni dello Stato che non tutelano la loro sicurezza e al silenzio della stessa Chiesa. Ebbene mi auguro che dal gesto storico del Papa e dalla mia testimonianza traggano il convincimento che è arrivato il momento di uscire dalle tenebre dalle catacombe e di affermare pubblicamente la loro volontà di essere pienamente se stessi. Se non saremo in grado qui in Italia, la culla del cattolicesimo, a casa nostra, di garantire a tutti la piena libertà religiosa, come potremmo mai essere credibili quando denunciamo la violazione di tale libertà altrove nel mondo? Prego Dio affinché questa Pasqua speciale doni la risurrezione dello spirito a tutti i fedeli in Cristo che sono stati finora soggiogati dalla paura. Buona Pasqua a tutti.
Cari amici, andiamo avanti sulla via della verità, della vita e della libertà con i miei migliori auguri di successo e di ogni bene.
Magdi Allam