venerdì 4 aprile 2008

La nascita del tipo umano sessantottino


di Giovanni Cantoni



Il 1968, di cui nel 2008 cade il quarantesimo anniversario, costituisce una delle più recenti cesure nella storia del mondo occidentale e cristiano.
Si tratta di una cesura degna di attenzione non solo perché recente, ma perché di particolare incidenza e rilievo; soprattutto, non solo ormai quarantennale, quindi da coniugare al passato, ma tragicamente ancora in corso, quindi da trattare al presente e al futuro. Del resto e perciò il 1968 è data ormai correntemente utilizzata per indicare in modo emblematico una fase della storia nella quale siamo empre più immersi: il «Sessantotto», e il tipo umano a tale fase corrispondente: il «sessantottino».
In proposito Papa Benedetto XVI afferma che «la cesura del '68» costituisce «l'inizio o l'esplosione della grande crisi culturale dell'Occidente. Era finita la generazione del dopoguerra, una generazione che vedendo tutte le distruzioni e l'orrore della guerra, del combattersi, e constatando il dramma delle grandi ideologie che avevano condotto le persone verso il baratro del conflitto mondiale, aveva riscoperto le radici cristiane dell'Europa, e aveva cominciato a ricostruire l'Europa con questa grande ispirazione.
Ma, finita questa generazione, si videro anche alcune lacune di questa ricostruzione, la grande miseria nel mondo, e così cominciò, esplose la crisi della cultura occidentale, direi una rivoluzione culturale che voleva cambiare tutto radicalmente. Si diceva: non abbiamo creato, in duemila anni di cristianesimo, un mondo nuovo. Dobbiamo ricominciare da zero in modo assolutamente nuovo; il marxismo sembra la ricetta scientifica per creare finalmente il nuovo mondo» (Auronzo di Cadore [Belluno], 24-7-2007). A partire dal 1968, fenomeni negativi principalmente legati alla singola persona - quali, per esempio, divorzio, aborto, droga, eutanasia, accompagnati dall'attacco all'identità sessuale e dagli «effetti speciali» prodotti dalle biotecnologie - cominciano a trasformarsi in fenomeni sociali riguardo ai quali, non soltanto si rifiuta la sanzione in quanto sociali, ma si pretende il riconoscimento come «nuovi diritti». Infatti, presentati come problemi sociali, cioè come problemi ampiamente condivisi, quindi sociologicamente consistenti, attraverso la propaganda dei cosiddetti «casi pietosi» se ne chiede, talora se ne esige il riconoscimento giuridico, attraverso la confusione fra legge positiva e legge morale, cioè comportamentale, e grazie all'attivazione del volano costituito dalla tesi secondo cui quanto non è sanzionato penalmente finisce per apparire come buono moralmente, quanto è legale come lecito.
Nel linguaggio della morale cattolica si potrebbe dire: quanto esordisce come una caduta, un caso potenzialmente isolato, magari frutto di debolezza occasionale o di particolari congiunture, attraverso il processo descritto, costituito dal passaggio dalla illegalità alla liceità, non solo non è più sanzionato, ma indotto - o almeno favorito - a «uscire dall'isolamento», quindi a trasformarsi in vizio pubblico e lecito, cioè in abitudine a cadere. Ma non è tutto: infatti, non solamente si chiede indulgenza per la caduta, la sua «depenalizzazione», ma si pretende il riconoscimento pubblico del vizio stesso, la sua «intronizzazione». È di san Paolo, nella Lettera ai Filippesi, l'affermazione: «[...] si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi» (3, 19).

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